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Er. To. Vs L’Editore zen

Era lì, seduto davanti al suo Editore, che lo guardava con fare interrogativo. C’era silenzio nella grande stanza arredata in stile essenziale, moderno. Unico vezzo, un giardino zen in miniatura poggiato proprio al centro della scrivania. Seduto sulla poltrona di pelle ocra di fronte al tavolo, lo sguardo del giovane Scrittore non poteva che dividersi tra gli occhi glaciali dell’Editore e quella sabbia sapientemente distribuita tra i piccoli sassi.
D’improvviso lo Scrittore ebbe un’idea: rovesciare la sabbia sull’uomo che aveva di fronte per vedere se in quel modo sarebbe stato in grado di smuovere una sua qualche emozione. Una volta lo aveva visto sorridere, o meglio sogghignare, quando gli avevano comunicato i dati di distribuzione della sua prima raccolta. “Caspita” pensò in quell’occasione l’Editore “con questo ragazzo raggiungeremo grandi traguardi!”. Da quel giorno molte cose erano cambiate ed oggi, sembrava la resa dei conti.
«Vede» disse lo Scrittore, rompendo gli indugi «credo che trattare dei tumulti esistenziali di un povero impiegato alle prese con la sua quotidianità, possa far muovere qualcosa nel lettore, magari condendo il tutto con minimo di parodia».
L’Editore sbuffò.
Lo Scrittore riprese «pensi… nell’odierno contesto sociale, il lavoro è prezioso ed a volte le persone che hanno la fortuna di occupare posti di potere non sembrano rendersene conto. Io credo che focalizzare la propria attenzione sugli sprechi giornalieri, le miserie degli ambienti lavorativi possa avere un effetto catartico su tutti quanti ogni giorno fanno andare avanti il paese».
L’Editore bofonchiò.
«Badi bene» riprese il giovane «può sembrare noioso ma le assicuro che c’è azione, movimento, brio. Insomma il personaggio è articolato, complesso ma in fondo somiglia a molti di noi; fa parte del patrimonio comune, ci si può rispecchiare; anzi, credo che possa aprire gli occhi, risvegliare gli animi, dare un impulso positivo alle giornate quotidiane».
L’Editore non sembrava essere convinto da quel ragionamento, lo Scrittore riprese.
«Se parliamo dell’episodio della riunione con i Direttori, ad esempio, non lo trova esilarante?… Il nostro personaggio riesce ad accaparrare tutta l’attenzione ma, in verità, non dice nulla; riceve i complimenti per la profondità delle parole pronunciate, ma onestamente è totalmente vuoto di contenuti; ed ancora, quando si trova a decidere di questioni milionarie al posto del Direttore Generale? C’è dell’irrazionale… ma a me sembra comunque avvincente».
Lo Scrittore era perplesso. Quando aveva pubblicato la sua prima ed unica raccolta di racconti, l’incontro era stato assolutamente diverso. L’Editore, circondato dai suoi collaboratori, lo aveva riempito di complimenti, «ma che originalità!, che stile, lascialo dire a me che ho esperienza, tu hai un grande talento. Questi tuoi racconti colpiscono dritti al cuore, sono commoventi, denotano spiccata sensibilità. Li pubblichiamo e diamo la massima pubblicità all’evento, sono convinto che raggiungerai immediatamente il top delle classifiche di vendita». Per convincerli, gli era bastato sussurrare con voce tremante: « questi racconti narrano la storia di una giovane e scultorea ballerina che viene iscritta, contro la sua volontà, ad un concorso televisivo per diventare famosa…». Non aveva detto altro. La narrazione per lui era profondamente ironica e parodiava la società quotidiana fatta di veline e di donne – oggetto. L’Editore la inserì nella collana per adolescenti “Voglia di arrivare in alto”, genere: “azione sentimentale”. Un giorno fu recapitata alla casa editrice una lettera per lo Scrittore, era firmata da una quattordicenne, c’era scritto: “Sto libro spacca, non ho capito tutto ma ho capito a ke serve imparà a leggere, m’hai cambiato il modo de vedè la vita; da domani giù a ballà in palestra e a cercasse un produttore che te spigne. Scialla fratè!».
Quel giorno lo Scrittore comprese che, forse, non era stato chiaro abbastanza e che la troppo incisiva revisione di bozze poteva aver portato ad una mistificazione del significato. Questa volta, però, era convinto che nulla poteva falsare il messaggio. “Ironia sì, ma chiarezza concettuale” aveva pensato.
L’Editore però non sembrava interessato, l’autore non voleva darsi per vinto.
«Vede, capisco che il tema in sé non sembra appassionare ma c’è del grottesco, del surreale. Trovo che questi aspetti siano al passo con i tempi. Insomma, non è fantascientifico ma c’è del quotidiano intrigo che può senz’altro stimolare la fantasia, funzionare da propulsore creativo per il lettore che può vedere il nostro personaggio come il proprio compagno di stanza…».
L’Editore scuoteva mestamente la testa.
« Io sono profondamente convinto che la scrittura debba trasmettere qualcosa e credo che in questi racconti ci sia una visione moderna, dissacrante, ma al tempo stesso importante» continuò senza alzare lo sguardo ormai fisso sul giardino zen «e poi tutti i trucchi più bassi utilizzati in ambiente lavorativo vengono descritti nei minimi dettagli. Qualunque lettore, in metropolitana per raggiunger il posto di lavoro, potrebbe accennare un sorriso nel vederli lì, dipinti nero su bianco».
Fu allora che successe qualcosa di imprevisto, l’Editore sobbalzò e prese la parola: «Aspetta un attimo, tu ovviamente vorresti pubblicare questa opera, che è evidentemente di grande interesse, come raccolta di racconti, legati necessariamente tra di loro da un filo conduttore?».
«Si, certo, ma allora le interessa?» stupito lo Scrittore.
«Ma come potevi dubitarne, non si vedeva sin dall’inizio?», assertivo l’Editore «ma dimmi, descrivi proprio tutti i trucchi e trucchetti vari?».
«Beh, si, il nostro personaggio è vittima di angherie di ogni genere e prevaricazioni sottili e smaccate…», rispose il giovane.
«Quindi i lettori potrebbero trarne spunto?».
«In che senso?» perplesso lo Scrittore.
«Lascia stare… se sono racconti, possono essere letti anche in metropolitana come hai detto prima. Ma dimmi, riusciamo a fare in modo che il tempo di lettura media di di ognuno di essi sia tra i 15 e i 20 minuti, in modo da coprire il tempo impiegato in metro dalla Stazione di Eur Magliana a quella di Termini?», incalzante l’Editore.
«Forse andranno un po’ ritoccati, ma credo di sì…»
«Perfetto!!!, allora ci siamo. Li pubblichiamo senza dubbio. Sai quanti pendolari prendono la metro ogni giorno per andare a lavoro? Sai quanti di loro vogliono conoscere trucchetti per cavarsela a lavoro con il minor sforzo? E’ un pubblico vastissimo da raggiungere e conquistare! Mi avevi quasi preoccupato con i tuoi discorsi iniziali, adesso ho capito tutto. Sarà un grande successo. Lo inseriamo nella collana “Metodi di sopravvivenza. Come farla franca nella vita”, genere “lavoro, hobby e tempo libero”. Chiamo i collaboratori, così festeggiamo!… ma che originalità!, che maturità, che stile, lascialo dire a me che ho esperienza, tu hai un grande talento!».